Sciogliere il consiglio comunale significa sciogliere la città, e forse tanta gente se lo merita! Ma non solo a Reggio…

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I commissari sono arrivati stamattina in città e si sono insediati a Palazzo San Giorgio, sancendo di fatto la fine della legislatura il cui consiglio comunale è stato sciolto per ‘ndrangheta la scorsa settimana. La speranza è che questa triade di alti funzionari dello Stato riesca a consegnare la città nelle mani dei prossimi amministratori con il minor danno possibile. La “triade” è guidata dal prefetto Panico, una figura di grande levatura e che si pronuncia con l’accento sulla “i”, senza quindi evocare quel senso di ansia e paura che apparentemente stimolerebbe il suo cognome e che fin qui ha stimolato l’auto-ironia che a questa città – per fortuna – non è mai mancata. L’onta del commissariamento pare abbia avuto anche ripercussioni sulle formazioni sportive che rappresentano la città: Reggina, HinterReggio e Viola hanno perso malamente ieri e adesso navigano nei bassifondi delle rispettive classifiche, nonostante le grandi ambizioni d’inizio stagione. E così si può sintetizzare anche l’attuale ‘status’ della città, con le ali tarpate dall’arrivo dei commissari che potranno anche sforzarsi al massimo per il bene del territorio, ma dovranno limitarsi all’ordinaria amministrazione, come prevede la legge, in quanto non avendo ricevuto mandato direttamente dal popolo, non sono chiamati a scelte strategiche e importanti sul futuro della città.
Ma sullo scioglimento, accantonando le polemiche politiche e partitiche, urge un’altra riflessione in ottica futura. Tra 18 mesi la città tornerà al voto ed eleggerà un nuovo consiglio comunale. Proprio quell’organo che è stato sciolto dal ministro Cancellieri. Non è stato allontanato il Sindaco, o la Giunta, o una sola parte politica. Ma è stato mandato a casa tutto il consiglio comunale, maggioranza e opposizione, cioè tutti quei rappresentanti che poco più di un anno fa la gente aveva eletto dentro le urne. E allora, se in quel consiglio comunale è stata ravvisata “contiguità con la ‘ndrangheta“, anche quella gente, anche quegli elettori, devono fare un sano esame di coscienza e capire se dentro l’urna hanno sbagliato qualcosa. Sì, perchè sciogliere il consiglio comunale significa sciogliere la città; accusare di “contiguità con la ‘ndrangheta” il consiglio comunale significa accusare di “contiguità con la ‘ndrangheta” l’intera città, in quanto i consiglieri comunali non sono altro che il frutto delle scelte della gente che li ha votati.

Domenico Zambetti

E’ un dato importante, che in pochi hanno voluto sottolineare ma che emerge in modo drammatico anche da quanto successo nei giorni scorsi in Lombardia dove Domenico Zambetti, assessore del Pdl della giunta guidata da Roberto Formigoni, era stato eletto consigliere comunale secondo gli inquirenti in modo poco pulito. Zambetti, infatti, avrebbe pagato la ‘ndrangheta con 200.000 euro per ottenere 4.000 voti. Insomma, si sarebbe comprato 4.000 voti pagandoli 50 euro ciacuno. Tutti hanno additato Zambetti delle cose peggiori di questo mondo, accuse che sicuramente merita e a cui ci accodiamo. Ma qui la situazione è molto più critica, perchè a fronte di un politico disonesto e imbroglione, ci sono 4.000 persone che sono andate a votare per avere 50 euro in cambio, ci sono 4.000 persone che calpestano la storia e tutti coloro che per il diritto di voto e il suffraggio universale hanno combattuto fino a sacrificare la propria vita, ci sono 4.000 persone che fanno traballare la democrazia e il suo concetto di miglior sistema di governo esistente.

Antonio Rappoccio

Adesso, se vogliamo davvero liberarci dalla ‘ndrangheta, dobbiamo smetterla di votare per chi ci promette un posto di lavoro, la soluzione di un problema personale o familiare, la raccomandazione a un concorso, la telefonata all’amico di turno, o addirittura i 50 euro. Dobbiamo smetterla di votare per gli amici o gli amici degli amici, dobbiamo smetterla di votare per “me cuginu” o per chi viene a dirci che se sarà eletto ci assumerà. Il caso-Rappoccio, in tal senso, è ancor più eloquente: l’ex consigliere Regionale della Calabria arrestato meno di due mesi fa, infatti, è finito in manette perchè, secondo le indagini, avrebbe emesso dei “concorsi fantasma” con lo scopo di accaparrarsi i voti di molti giovani reggini in cerca di prima occupazione.  A ciascuno di loro era stato richiesto “un impegno elettorale“. Ogni giovane aveva ricevuto dalla segreteria di Rapoccio (Pri) una scheda che poi era stata restituita, in cui figuravano annotati i nomi degli elettori di cui era stato assicurato il voto, con indicazione del seggio e della sezione elettorale. Il meccanismo era ben organizzato, tant’ è che Rappoccio si è servito di alcune cooperative l’Alicante, la Iride Solare e la Sud Energia per mascherare i “fantomatici progetti occupazionali“. Dalle indagini è emerso che Rappoccio avrebbe incassato l’appoggio elettorale di almeno 850 persone a cui era stato imposto di scriversi, dietro pagamento di 15 euro, alla cooperativa Alicante e solo dopo, dietro pagamento di 20 euro avrebbero potuto partecipare al concorso per un’ipotetica assunzione nell’ambito della gestione del fotovoltaico. Le prove scritte erano state addirittura eseguite, naturalmente prima delle elezioni regionali del 2010 che hanno sancito l’entrata a Palazzo Campanella dell’esponente del Pri. Della prova orale, però, non c’è traccia.
Che Rappoccio abbia anche organizzato male il suo imbroglio, è un altro paio di maniche. E che evidentemente i giovani reggini siano più “fissa” di quelli milanesi, è anche questo palese: almeno i 50€ in lombardia li hanno guadagnati, qui invece ne hanno dovuti addirittura spendere 35 (!!). Ma a prescindere da queste autentiche chicche, ciò che emerge è che la gente vota per avere in cambio qualcosa di personale, e così non dovrebbe essere. Se è così, allora è vero che tante persone si meritano lo scioglimento del loro consiglio comunale, cioè della loro città. Perchè il voto e la politica sono l’esercizio sociale più nobile, sono la scelta dei propri rappresentanti in base a determinati valori, in base a determinate idee, in base a determinati progetti su cui ognuno dovrebbe avere precise appartenenze e riferimenti convinti. Ma nell’era in cui ormai ogni ideologia è caduta, soffocata dal materialismo imperante, e la gente vota per 50€ o per il “sogno” di un posto di lavoro (quindi sempre per soldi), è normale che la ‘ndrangheta finisca al governo, in quanto la criminalità in questo sistema ci sguazza.
Si torni a votare in base alla politica, che non deve dare lavoro ma deve progettare il futuro dei territori, delineare le scelte economiche, costriure le infrastrutture, realizzare iniziative per la crescita e lo sviluppo, ma assolutamente non ha il compito di essere ufficio di collocamento. E non deve averlo!
Finchè voteremo così, non ci sarà commissario che tenga: con “me cuginu” e l’amico dell’amico, la ‘ndrangheta finirà sempre al governo.
Certo, questo non accade solo a Reggio Calabria, è una pratica diffusa sicuramente in tutt’Italia e forse anche all’estero, ed è trasversale tra destra e sinistra. Ma non può essere una consolazione, anche perchè il commissario c’è a Reggio e non altrove. E poco importa se vogiamo giudicare la scelta del ministro come una scelta politica.
Pensiamoci bene, prima di tornare a votare “mio compare.
La ‘ndrangheta può morire solo se la abbandona la gente.
Ci riusciremo? Appuntamento alla primavera 2014, chi vivrà vedrà…

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