Mafia: Cresce la “mafia imprenditrice”. Per imprese siciliane costi da 37,5 miliardi

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Cresce il condizionamento esercitato delle organizzazioni criminali di stampo mafioso nel tessuto economico della Sicilia, e di Palermo in particolare. Accanto ai reati tipici dell’estorsione e dell’usura, emerge un crescente protagonismo della cosiddetta mafia imprenditrice sempre più presente in gangli decisivi dell’economia di Palermo e della Regione. E’ quanto emerge dal Focus Sicilia di Sos Impresa, presentato oggi a Palermo. Ammonta a 56 miliardi il denaro movimentato, con costi per i commercianti dell’Isola per 37,5 miliardi. Il rapporto conferma la capacità del crimine organizzato di intervenire con proprie imprese nelle relazioni economiche, stabilendo collegamenti collusivi con la politica, i titolari di istituti di credito e gli apparati burocratici soprattutto per il controllo del sistema degli appalti e dei servizi pubblici. In questo quadro le famiglie mafiose esercitano direttamente l’estorsione (che vale 5,5 miliardi, con 160mila taglieggiati) e l’usura (che fattura 20 miliardi, con 200 mila persone colpite); 1,2 miliardi sono prodotti nel settore degli appalti pubblici; 5,3 miliardi nelle forniture private, soprattutto edili. Le cosche sono attive nei traffici di droga, armi, persone; gestiscono in proprio o avvalendosi di prestanome, le attività di reinvestimento degli utili con particolare attenzione all’industria del divertimento, alla ristorazione veloce, ai supermercati, agli autosaloni, al settore della moda e persino nella sanità. Inoltre possiedono aziende nei comparti dell’intermediazione e delle forniture e operano nel settore immobiliare e nella Borsa per il riciclaggio di denaro sporco. Intervengono nell’economia legale, direttamente assumendo a volte il controllo maggioritario, o in compartecipazione con negozi, locali notturni, imprese edili o della grande distribuzione. A differenza di qualsiasi altra holding, solo in parte risente della crisi economica internazionale e dei mercati, anzi la grande disponibilità finanziaria di cui dispone può consentirle di aggredire nuove quote di mercato, avvantaggiarsi della crisi di liquidità, fare nuove acquisizioni immobiliari e aziendali. Come tutti i grandi gruppi economici, ha interessi sia sul territorio nazionale, sia all’estero. Ha consigli di amministrazione efficienti, migliaia di dipendenti, consulenti, specialisti, registra una crescita occupazionale nel mercato del lavoro. Nella sola Sicilia sono circa 50mila, ogni anno, le imprese commerciali e turistiche colpite, a vario titolo, dalla criminalità di strada e dalla mafia. Per la stessa ragione, negli ultimi tre anni, hanno alzato bandiera bianca circa 100mila imprese. Di queste più di 30mila hanno chiuso i battenti per grave indebitamento e per usura. Un costo complessivo per l’intero sistema imprenditoriale regionale che sfiora i cinque miliardi di euro, circa il 6% del Pil della regione. In Sicilia il racket colpisce il settanta per cento dei commercianti, soprattutto a Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanisetta, Catania e Messina dove si arriva anche a percentuali dell’ottanta-novanta per cento. Gli imprenditori edili sono tra le vittime preferite dal racket.

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