Lucio Dalla, Lucia Annunziata, l’omosessualità e la Chiesa: riflessioni a 360°

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Difenderei Celentano anche se dicesse di mandare i gay ai campi di sterminio“: così Lucia Annunziata aveva creato scalpore a “Servizio Pubblico” qualche giorno fa, precisando poi che “la frase che ho pronunciato da Santoro sugli omosessuali era a mio parere chiaramente paradossale. Ho difeso la libertà di espressione di Celentano, ma ho usato l’esempio, di proposito estremo, della ferocia anti-gay per rendere più chiara l’esistenza anche di una contraddizione tra questo diritto e il merito delle opinioni che si esprimono“.
C’è, nella società attuale, una difficoltà all’ascolto che stimola litigiosità e violenza e anche la frase più innocente è spesso pretesto per innescare la miccia.
Lucia Annunziata non è certo una che le manda a dire: senza peli sulla lingua, dice francamente quello che pensa e manda a quel paese chi non la rispetta, chiunque questi sia.
Cerchiamo di analizzare, dunque.
Partecipando a Servizio Pubblico, la trasmissione di Santoro (da ricordare che la giornalista ha abbandonato una volta lo studio di Annozero perché non si è sentita libera di esprimere il proprio pensiero), Lucia Annunziata fa un’affermazione paradossale per sostenere la sua convinzione che ognuno è libero di dire ciò che pensa, come già in passato ebbe a dire, ad esempio, un certo Francois-Marie Arouet, detto Voltaire, simbolo della tolleranza in campo politico-sociale-religioso, che viene citato spesso in merito, richiamando il suo pensiero “non condivido quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo“.
Quale la “colpa grave” dell’Annunziata? Aver pronunziato in quella frase la parola “gay“, detta lì come paradosso, cioè assurdità, proprio per rendere al meglio l’idea della sua affermazione. Da quella frase la levata di scudi del mondo-gay e le dichiarazioni esplicative della giornalista, che ieri, domenica 4 marzo 2012, ha dedicato mezz’ora della sua trasmissione su raitre all’argomento. E’ stato anche il giorno dei funerali di Lucio Dalla; inevitabile, quindi coinvolgere anche il vissuto dell’artista bolognese nella querelle. “I funerali di Lucio Dalla sono uno degli esempi più forti di quello che significa essere gay in Italia: vai in chiesa, ti concedono i funerali e ti seppelliscono con il rito cattolico, basta che non dici di essere gay. È il simbolo di quello che siamo, c’è il permissivismo purché ci si volti dall’altra parte“. Mentre Bologna dà il suo ultimo saluto al cantautore, Lucia Annunziata non usa mezzi termini ed esprime il suo pensiero sul rapporto tra Chiesa e omosessualità.
Fermo restando che ognuno è libero di pensare qualsiasi cosa, è altrettanto vero che in ambito ecclesiale c’è molta confusione. Non è possibile che il padre spirituale di Dalla non conoscesse le caratteristiche peculiari dell’artista, come è anche noto che molti religiosi accolgono cristianamente gli omosessuali.
Senza entrare qui in un terreno minato come quello delle devianze di molti prelati, la Chiesa, come struttura istituzionale sembra arroccata su posizioni intransigenti ataviche, come se l’esperienza galileiana fosse soltanto un episodio isolato.

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